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Tu sei il male 2/17

Rubrica #RecensioniNonRichieste 2/17

Un poliziesco – tutto italiano – di grandissimo spessore. Una storia che si intreccia con la storia del nostro paese.
Tu sei il male è un romanzo di Roberto Costantini pubblicato nel 2011 ed è il primo capitolo della Trilogia del male.

Una storia lunga 24 anni e più. Due finali del mondiale vinte dall’Italia (1982 e 2006) unite da una lunga striscia di omicidi, segreti, indagini (più o meno sporche) e tanti misteri da risolvere.
Appassionante, sempre scorrevole, non sempre lineare, ma nel complesso ben scritto.

Voto 7+

Tu sei il male

Il protocollo HTTPS è un fattore SEO?

Molti web marketer e seo specialist se lo chiedono: ma il protocollo HTTPS fa davvero la differenza sul posizionamento di un sito web sui motori di ricerca? Partiamo dalle basi.

Che cos’è il protocollo HTTPS?

Google in persona ci dice che:

“HTTPS (Hypertext Transfer Protocol Secure) è un protocollo per la comunicazione su Internet che protegge l’integrità e la riservatezza dei dati scambiati tra i computer e i siti. Gli utenti si aspettano che l’esplorazione di un sito web avvenga in modo sicuro e riservato. Ti incoraggiamo, pertanto, ad adottare il protocollo HTTPS per proteggere la connessione degli utenti al tuo sito web, indipendentemente dai contenuti del sito.

I dati inviati utilizzando HTTPS vengono tutelati mediante il protocollo Transport Layer Security (TLS), che fornisce tre livelli di protezione essenziali:

  1. Crittografia. I dati scambiati vengono criptati per proteggerli dalle intercettazioni. Ciò significa che, mentre l’utente consulta un sito web, nessuno può “ascoltare” le sue conversazioni, tenere traccia delle attività svolte in più pagine o carpire le sue informazioni.

  2. Integrità dei dati. I dati non possono essere modificati o danneggiati durante il trasferimento, intenzionalmente o meno, senza essere rilevati.

  3. Autenticazione. Dimostra che gli utenti comunicano con il sito web previsto. Protegge da attacchi man-in-the-middle e infonde fiducia negli utenti, il che si traduce in altri vantaggi commerciali.”

Sempre Google poi dopo averci spiegato cosa sia il protocollo HTTPS entra nel dettaglio e risponde chiaramente alla domanda del titolo di questo post: “HTTPS as a ranking signal” (articolo pubblicato il 6/8/2014 su Google Webmaster Central Blog.

Quindi lascia poco spazio ai dubbi. Il protocollo HTTPS influenza fortemente il posizionamento dei siti web ed è un fattore SEO per migliorarlo o attestarlo su alti livelli.

La sicurezza è una priorità assoluta per Google, come ci ricorda il Tagliaerbe. Investiamo un sacco per fare in modo che i nostri servizi abbiano un livello di sicurezza ai massimi nel settore, come una forte crittografia HTTPS di default. Ciò significa che chi utilizza la ricerca, Gmail e Google Drive, per esempio, ha automaticamente una connessione sicura verso Google.

Ovviamente se un sito web non è ottimizzato, fatto male, realizzato con una tecnologia obsoleta e non è mobile-friendly non c’è protocollo HTTPS che tenga. Anzi.

Web Agency Napoli

Anche noi sul sito 3d0 Web Agency abbiamo adottato l’HTTPS e questo ci servirà per fare qualche test di prima mano. Vi faro sapere 😉

 

Sharing Economy

La sharing economy, cioè economia della condivisione, in italiano viene anche chiamata “consumo collaborativo”, ed è una tipologia di rete economica emergente all’interno della quale le persone condividono vari tipi di risorse, come conoscenze, beni e servizi, di solito ad un costo di molto inferiore rispetto a quello di mercato.

Il concetto chiave della sharing economy è la possibilità di condividere guadagnando (o risparmiando) e di solito questo tipo di accordi consente ai partecipanti di condividere fra di loro prodotti o servizi, ponendo in secondo piano il concetto tradizionale ed orami superato di proprietà. Un bell’audiolibro che mi ha offerto molti di spunti di riflessione sull’argomento è “La Sharing Economy” di Barcelò.

Con la sharing economy si promuovono nuovi stili di vita che prediligono il risparmio, il riuso e la ridistribuzione del denaro e che favoriscono la socializzazione e la salvaguardia dell’ambiente. In alcuni casi, la sharing economy consente alle persone di usufruire di beni di valore, pensiamo alle automobili o a strumenti di elevato valore, senza esserne proprietari evitando quindi le responsabilità che ciò comporta, mentre per altri la sharing economy costituisce un’opportunità di guadagnare sfruttando i beni o le capacità a disposizione. Tutti possono partecipare alla sharing economy e probabilmente lo facciamo già anche senza rendercene conto.

Ovviamente la nascita del fenomeno ha delle precise motivazioni tecnologiche, economiche, politiche e sociali. Internet è stata fondamentale ed ha sicuramente cambiato il rapporto fra i consumatori e i beni, rendendo possibili e sempre più comuni molte transazioni economiche fra persone che si trovano geograficamente distanti. La crisi economica e le sue conseguenze in termini di precariato e crollo del potere d’acquisto sono un altro dei motivi per cui le nuove piattaforme, che consentono dei risparmi consistenti, sono diventate popolari. Inoltre, il consumo è diventato un progetto centrale nella vita delle persone, ma anche il ridimensionamento del ruolo dello Stato e il suo adeguarsi alle logiche di mercato è un fattore che ha favorito la diffusione delle piattaforme di condivisione.

sharing-economy

Alcuni dati della Sharing Economy

Il 13% della popolazione ha utilizzato almeno una volta i servizi di sharing economy. L’economia collaborativa infatti in Italia si avvicina al tipping point per la diffusione di un fenomeno tra la popolazione (previsto al 15% ).
Gli Early Adopter, per lo più uomini con livello di istruzione elevato e residenti in grandi centri abitati, hanno utilizzato almeno una volta servizi legati alla sharing economy, soprattutto perché propongono soluzioni innovative e rispettose dell’ambiente, favoriscono la socializzazione e il risparmio economico. Tra i servizi più utilizzati troviamo certamente quelli legati alla mobilità (car sharing), gli alloggi condivisi, i servizi dedicati agli scambi ed ai baratti.

Tra le resistenze di chi invece non ha provato i servizi di sharing, le motivazione più diffuse riguardano sia la ritrosia a condividere beni di proprietà che la scarsa fiducia verso gli altri.

Le persone non leggono

Le persone non leggono. È un dato di fatto.

E non sto parlando del processo culturale che spinge le persone a leggere sempre meno libri o a comprare quotidiani. Mi riferisco ai processi mentali che portano le persone a non prestare attenzione (quindi leggere in senso lato) i cartelli, i divieti, le indicazioni e quindi le pubblicità, i banner, i testi di un sito web.

Perché le persone non leggono? Non è una domanda di facile ed unica risposta. I motivi possono essere vari, solo il risultato è sempre lo stesso. E lo possiamo osservare tutti i giorni, soprattutto chi si occupa di web marketing o social media marketing; non è raro infatti pubblicare un’offerta su un sito web o sui social network comprensiva di informazioni, descrizioni e prezzo ma puntualmente alcuni utenti chiedono nei commenti: “scusi quanto costa quest’articolo?”
Se avessero letto, e prestato attenzione, a ciò che c’era scritto sicuramente non avrebbero posto una domanda del genere.

Pertanto la prima cosa da avere bene in mente prima di scrivere qualcosa, in particolare online sul proprio sito web o sui social network, è la regola aurea di chi si occupa di comunicazione: le persone non leggono.

 

Il bellissimo libro scritto da Yvonne Bindi “Language design: guida all’usabilità delle parole per professionisti” spiega meglio di qualsiasi altro testo questo concetto:

“sul Web le persone non leggono, e poiché il Web è fatto essenzialmente di testo il fenomeno appare fondamentalmente controverso. Ma gli utenti vanno di fretta, sono distratti fra i molti contenuti che competono tra loro, fanno altre cose mentre leggono e così via.
Per ovviare al problema disseminiamo le pagine di segnali che guidino la lettura e la rendano un’esperienza piacevole, spezzettiamo i testi in paragrafi e li offriamo in piccole porzioni affinché siano più facilmente digeribili. Cerchiamo di essere brevi ma informativi, chiari ma non banali, originali ma comprensibili. Inseriamo titoli attraenti, usiamo font che facilitano la lettura e scegliamo i colori più adatti per far cliccare sui link nella speranza che le persone prestino attenzione a ciò che vogliamo dire loro.”

Una fonte fondamentale che ci spiega chiaramente questi concetti è il libro seguente. Illuminante.Le persone non leggono

Avete letto con attenzione il titolo? Ve ne siete accorti? C’era qualcosa che non andava? Avete notato l’errore oppure è sfuggito anche a voi? Se è così non vi preoccupare non siete i soli, anzi fate parte della maggioranza 🙂
Manca un di ma il nostro cervello non ci fa caso, si appoggia al materiale linguistico che reputa valido, lo ricostruisce e si comporta come se ci fosse.

Un interessante articolo di Intesys Journal ci segnala 5 punti su questo argomento:

  1. Problem Solving: buona parte della fatica che si impiega per risolvere il problema è dato dall’atteggiamento personale con cui si affronta quel problema. La stessa cosa avviene con la lettura.
  2. Non leggiamo le pagine, le scrolliamo: Steve Krug ci insegna come le persone che navigano in internet non leggano ma scrollino i contenuti all’interno della pagine alla ricerca di quelle parole o immagini che permettano loro di capire il senso generale di quello che sta osservando.
  3. La legge di Hick: ci spiega come il tempo per prendere una scelta varia in base al numero di opzioni disponibili. Maggiori sono le etichette a disposizione maggiore è il tempo impiegato per scegliere (secondo noi) quella più corretta. Il nostro cervello, infatti, tende automaticamente a creare legami, anche dove non ci sono ed a percepire due o più elementi vicini nello spazio come un’unica figura o strettamente correlati.
  4. Solo scelte soddisfacenti: le persone non cercano la scelta migliore ma quella più ragionevole. Così facendo, la percentuale di errore quando si legge aumenta notevolmente. Il nostro cervello funziona a risparmio.
  5. l principio del minimo sforzo: minore è lo sforzo meglio è. Il nostro cervello ragiona proprio così, soprattutto quando è necessario compiere una scelta o ricercare un’informazione. Piuttosto di fare fatica infatti, la persona è disposta a scendere ad un compromesso in termini di qualità e quantità dell’informazione che sta cercando.

Quelle dette fino ad ora, sono solo alcune delle motivazioni che probabilmente spiegano la difficoltà che le persone incontrano nell’interagire con i testi e nella lettura e per spiegare a chi ancora non ci crede che le persone non leggono. C’è poco da fare.

Harry Potter e la pietra filosofale 1/17

Rubrica #RecensioniNonRichieste 1/17

I pregiudizi fanno sempre sbagliare, ed in effetti mi sbagliavo sul maghetto più amato di tutti i tempi.
Harry Potter non era mai riuscito, non dico a conquistarmi, ma neanche ad avvicinarmi alla voglia di aprire il libro. Colpa forse di una sera di qualche anno fa in cui per caso vidi un po’ del film che non mi piacque per niente (promemoria: i libri sono sempre più belli dei film).

Insomma, grazie ad amici “spingitori” e a Kindle Unlimited gentilmente offerto da Amazon, scarico l’ebook e complici le feste di Natale mi tuffo nella storia.

Divertente, leggero ma appassionante, scritto benissimo da J. K. Rowling, una bella scoperta. Personaggi costruiti con cura e armonia, dialoghi di alto livello. Unico difetto: mi è piaciuto, ma non ho voglia di leggere subito il secondo.

Voto 7-

pietra-filosofale