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Italia – Germania: le due facce della stessa medaglia

Italia Germania non è una partita di calcio, ma un racconto epico che va avanti dalla notte dei tempi.

Una disfida storica, sentita, profonda.

Siamo diversi ma non per questo lontani. Rivali ma non odiati. Uniti dal destino per scontrarci e batterci. Siamo le due facce della stessa medaglia.

L’Italia non sarebbe la stessa senza la Germania e viceversa.
L’Italia fallirebbe senza la Germania e viceversa.

E questa vittoria non avrebbe lo stesso sapore se dall’altra parte non ci fossero i crucchi.

Grazie Germania, è anche grazie a te che amiamo questo pazzo e sublime paese alla follia.

Grazie Germania, perché ogni tanto ci dai la possibilità di ricordare quanto è bello essere italiani :-).

Italia – Germania 4-3 (Messico 1970)
Italia – Germania 3-1 (Spagna 1982)
Italia – Germania 2-0 (Germania 2006)
Italia - Germania 2-1 (Ucrania e Polonia 2012)

Il buon Marketing del Giornalaio Social

Ormai i social network sono di dominio comune. Massaie, pensionati, ragazzini di tutte le età li frequentano, s’incontrano, ne parlano, si divertono.
Insomma sono i nuovi luoghi di ritrovo dell’uomo moderno. Da molti definiti “piazze virtuali“. Ma le piazze, quelle vere, esistono ancora. Non dimentichiamocelo!

In questi giorni di caos e di incredibili errori da parte di note aziende sulla gestione della loro immagine sui social network, nasce in molti si sono resi conto che così come chi ha un negozio su strada deve tenerlo pulito ed essere cortese con le persone che entrano, allo stesso modo chi decide di essere presente sulle piattaforme social deve rispettare delle regole di comportamento.

Quali? Quante? Perché?

Il discorso effettivamente non è semplice e non sto qui ad annoiarvi con chili e chili di paroloni, perché potremmo iniziare oggi a discutere e non fermarci per i prossimi 8 mesi.

Voglio invece raccontarvi un esempio reale che può essere molto utile a chi vive il mondo del virtuale.

Nel mio paese (piccolino), c’è una piazza (l’unica) ed in questa piazza c’è un giornalaio, un ragazzo di poco meno di 30 anni che da qualche tempo ha preso in gestione l’edicola.

Prima di lui c’era una signora in età abbastanza avanzata, non era molto cortese, solitamente non rispondeva a chi cortesemente la salutava e se le chiedevi un giornale “strano”, non tanto conosciuto, ti guardava male. Spesso non si alzava neanche per cercarlo.

Risultato? Mai comprato un giornale in quell’edicola. Anzi uno sì. Poi basta.

Poi un giorno capita che mi ritrovo un mio amico di infanzia all’interno dell’edicola, cambio di gestione mi dice, si vede che è contento di essere lì in quel posto, è evidente la sua gioia di avere un lavoro vero.

Non lo fa di proposito, ma il suo entusiasmo è contagioso. Saluta tutti, ricorda il nome di tutti quelli che passano davanti all’edicola (non che acquistano) e quello dei loro figli, prende nota dei giornali “strani”, li ordina e ti chiama quando gli arrivano.
Mette una piccola panchina accanto all’edicola e le persone cominciano ad utilizzarla per fare due chiacchiere, per incontrarsi e magari acquistano anche la settimana enigmistica per la zia anziana.

Qualcuno direbbe che il mio amico giornalaio ha appena creato una community, ha fatto engagement, ha aumentato il ROI. Un vero guru del social marketing.

Peccato che lui di queste cose non ne capisce proprio niente. Si è solo comportato con buon senso, educazione e con un profondo rispetto del prossimo (non del cliente, attenzione), che lo ripaga stabilendo una relazione di fiducia con lui.
Tutto questo, unito a tanto tanto lavoro e impegno, lo fa emergere dalla massa.

Forse tante note aziende che sono a-social dovrebbero imparare dal mio amico, lui sì che saprebbe come comportarsi sui social network 🙂 .

La strategia “a-Social” di Goldenpoint

La questione della nota radio sulla delocalizzazione & Co. è ormai sulla bocca di tutti, non fa più scalpore. Ha però degli effetti collaterali: permette di venire a conoscenza di tanti particolari che fanno riflettere.

Grazie a Riccardo Esposito, infatti, vengo a conoscenza di questo fantastico documento denominato “Community Manifesto” della Goldenpoint .

In pratica c’è scritto e quindi te lo dicono chiaro e tondo: mandaci tutti i messaggi che vuoi, commenta, critica, esponi le tue idee, ma se non ci piacciono, se le riteniamo off-topic, se sono fuori argomento saranno moderati.

Insomma se non ci piace quello che hai scritto ti CANCELLIAMO, ti BANNIAMO, ti CENSURIAMO.

Beh, mi permetto solo di dire che non condivido la strategia. Forse è giusta, forse è sbagliata, ma io non la condivido.

Un’azienda che decide di avere una fanpage dovrebbe infatti porsi queste domande:

  • se non voglio dialogare – SU TUTTO – con i miei utenti che ci sto a fare sui social network?
  • chi decide cosa è possibile scrivere e cosa no su questa pagina? quali argomenti trattare?
  • che tipo di rapporto sto instaurando con coloro che “dovrebbero” acquistare i miei prodotti?

Decidere di dotarsi di un “manifesto” così poco Social mi pare una grave mancanza di rispetto nei confronti degli utenti. E il rispetto, così come la fiducia, sono i fattori determinanti di qualsiasi strategia di marketing digitale.

O almano così la penso io 🙂 !

La radio, la delocalizzazione e la rete

Succede che una nota radio (la quale ha quattro numeri nel nome che la somma fa otto) decide di promuovere una nota azienda (la quale ha un nonsoché di dorato e vende calze e intimo femminile) che qualche tempo fa ha deciso di delocalizzare gli stabilimenti in Serbia lasciando per strada centinaia di persone.

Succede che questa nota radio usa Facebook per la promozione e il “famoso popolo della rete” decide di ricordare alla nota radio cosa ha fatto la nota azienda.

A questo punto la nota radio invece di gestire al meglio l’enorme patata bollente decide di censurare tutto. Ma proprio tutto. E censura di sopra censura di sotto, ecco che scoppia il patatrac. Ed è qui che comincia il bello…

E poi anche…

(Aggiornamento alle 17.50 del 18.6.12)

Succede che – poiché mi hanno bloccato e non posso più scrivere sulla loro bacheca – dopo circa 15 minuti qualche mio amico decide di inserire nei commenti questo articolo…

E dopo 12 millesimi di secondo il commento è puff, svanito 🙂

(Aggiornamento alle 08.50 del 19.6.12)

Succede poi che vari amici cominciano anche loro a postare sulla bacheca della nota radio e a tenere traccia delle varie censure. E romantici come solo i poeti tedeschi di qualche secolo fa mi inviano per email gli screenshot che documentano il tutto.

E cosa potevo fare io se non pubblicarli? Grazie mille ragazzi! 🙂

Questo è il primo (di tantissimi, ma ve ne riporto solo due):

Questo è il secondo contributo:

Ora non ci resta che attendere, se mai ci sarà, una risposta ufficiale della nota radio o della nota azienda.

L’utilità del progresso

Di solito non lo faccio, ma stamattina mentre preparavo il latte al mio bimbo, navigando con l’iPhone mi son trovato davanti una di quelle storie che girano sui social e l’ho letta. Strano! Tutta. Ancora più strano!

Non penso che i fatti narrati siano realmente accaduti (anche se tutto può essere), ma ho letto tutta la storia e a posteriori devo dire che mi è stato utile.

Ma non la storia in sé.

Io da un po’ di tempo, purtroppo o per fortuna (tanto lavoro ed un bimbo adorabile che ha bisogno di tante attenzioni), non ho tempo per leggere, per pensare e riflettere. Grazie alla rete, ai social network, alle tecnologie mobile ogni tanto posso farlo, in modo diverso da prima, ma posso.

Insomma il punto vero di questo articolo è che questa è una delle tante facce positive del 3.0, dell’evoluzione della rete, del progresso.

A margine vi riporto anche la storia in questione che, aldilà di come sia scritta (l’autore lascia un po’ a desiderare) e da come la si pensi, ripeto, mi è stata in qualche modo utile. Buona lettura :).

“Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi: ”Devo parlarti”.
Lei annui e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi, quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca. Mi feci coraggio e le dissi:’ ‘Voglio il divorzio”. Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ”Perché?”.
Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle. Aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna, Giovanna! Io ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena.
Mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi! Come?! Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!.
A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me, per tutte le sue energie, però non potevo farci nulla, io amavo Giovanna!
All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione, l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà.
Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva, non cenai e mi misi a letto ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.
Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre li’ seduta a scrivere, mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l’auto, tantomeno il negozio, soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Il suo ragionamento era semplice: ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”. Io fui d’accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta: ”Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta, in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”.
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie, dille che oramai tu sei mio, se ne faccia una ragione!”.
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ” Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”.
Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore, camminai dieci metri con mia moglie in braccio, lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ”Non dirgli nulla del divorzio, per favore”. Acconsentii con un cenno, un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro.
Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati, lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco! Si notava il danno che le avevo fatto! Ma cosa avevo potuto fare da ridurla così?
Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi, questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!
Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi, si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ”I miei vestiti mi vanno grandi”. Lì mi resi conto che era dimagrita tanto, ecco perché mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione, troppo dolore e troppa sofferenza pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: ”Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio (per lui era diventato un momento basilare della sua vita).
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo, la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata, mi venne da piangere! L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ”Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te”.
Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina, mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai, scesi e corsi sulle scale, lei mi aprì la porta e io le dissi: ”Perdonami, ma non voglio più divorziare da mia moglie. Lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?” Io le risposi: ”No, è solo che amo mia moglie, era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato, ma ora ho capito i veri valori della vita, dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!”
Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo sul biglietto?” Le dissi: ”Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.
Arrivai di corsa a casa, feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca, ma mia moglie era a terra, morta!
Stava lottando contro il cancro ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene. Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo. Si un mese, affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio, affinché nostro figlio non subisse traumi, affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.”