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La strategia vincente della Chiesa

Tutte le organizzazioni economiche e sociali per sopravvivere al mercato necessitano di un’efficace strategia di comunicazione e di un management preparato in grado di individuare i giusti valori su cui puntare.

Cogliere le istanze provenienti dalla società, capire come funziona il mondo e percepire le necessità della gente sono punti fondamentali per coloro che vogliono rimanere sulla breccia dell’onda.
Naturalmente rimanendo sempre coerenti con la propria Vision aziendale, che tuttavia può anche essere modulata nel corso del tempo.

Tutto ciò è ancor più vero se l’organizzazione di cui parliamo era leader indiscussa del settore ed ora per svariati motivi è imbottigliata in una crisi profonda.

Come fare per uscirne? Come riconquistare la leadership?

Presto detto. La risposta è nel primo rigo: strategia di comunicazione efficace e management competente in grado di valorizzare i punti di forza e trovare i valori giusti su cui puntare.

Povertà e umiltà. Ritorno ai valori originali, alla semplicità delle cose.

Voglio una Chiesa povera per i poveri, ecco perché ho scelto di chiamarmi Francesco.

Queste le parole di Papa Francesco, che dopo pochissimi giorni dal suo insediamento è riuscito a dare lustro e visibilità ad un “brand” (non voglio essere blasfemo o sarcastico) in netto declino.

papa comunicazione marketing

Son bastate alcune foto come queste e poche frasi, precise ed efficaci, ad avvicinare l’organizzazione (Chiesa) al suo target (i fedeli) come non succedeva da tantissimo tempo.

Questa è una grande operazione di marketing e di comunicazione. Senza dubbio!

Quelle di Prada le lasciamo al diavolo
In pullman come tutti gli altri
Il contro per favore!

Il mestiere più bello e difficile del mondo

E’ il mestiere più difficile del mondo, oltre che il più bello.

Genitori non si nasce, ma si diventa. Qualcuno prima e qualche altro dopo. Alcuni invece, nonostante una prole abbondante, non riescono a diventarlo: ma questo è un altro discorso.

Insomma, si diceva, essere papà, fare il papà, sentirsi papà è difficile: mille pensieri, complicazioni, stress.
E’ sempre stato così e così sempre sarà. Tuttavia oggi le modalità, le attività, i compiti e le responsabilità sono completamente diverse.

Il mondo del lavoro è cambiato, la società è cambiata, i ritmi di vita impongono stravolgimenti radicali ed epocali.

Un “papà contemporaneo tipo” probabilmente accompagna il figlio a scuola, sta a casa con lui quando è ammalato, lavora di notte per poter avere più tempo libero ed andare a guardare il saggio di danza della figlia.

Un “papà tipo di 20 anni fa” non lo immaginava neanche. Cucinare? Fare la spesa? Cambiare il pannolino? Ma quando mai… 🙂

Invece oggi è così.
Perché da un lato i papà hanno capito che corrono il rischio di vedersi sfuggire la bellezza degli anni più belli di un figlio; dall’altro perché le mamme hanno capito che oltre la famiglia c’è un mondo da vivere e scoprire.

Esigenze giuste e legittime. Il difficile è trovare il giusto equilibrio.

Ed è qui che deve intervenire la politica: flessibilità, telelavoro, meno burocrazia, aiuti alle mamme lavoratrici. Tutto questo è indispensabile in una società moderna, che ogni giorno cambia e si adegua. Anche da qui passa il futuro di questo paese.

E ora scusatemi che devo portare il bimbo dal medico, ha un po’ di febbre… :-)!

Quando il giorno incontra la notte

Paura dell’ignoto, paura delle nuove idee,  pregiudizi… non ci si basa su qualcosa di reale ma sul “se una cosa è nuovo la rifiuto immediatamente perché mi spaventa“.

Ci atteniamo sempre su ciò che è familiare.

Invece per me le cose più belle di tutto l’universo sono le più misteriose.

Un patto fra le generazioni

Questo è il sistema previdenziale. Un patto fra le generazioni, niente di più e niente di meno, e così va visto e accettato.

Io che sto bene, con il mio lavoro – accettando di vivere in un paese civile e democratico – devo contribuire al sostentamento di coloro che per vari motivi non sono autonomi. In particolare di tutte quelle generazioni che mi hanno preceduto e che ora non sono più in grado di auto-sostenersi.

Non sto dando dei soldi ad una cassa previdenziale e poi un giorno li riavrò indietro. Non sto facendo un prestito allo Stato. Sto semplicemente aiutando a vivere una vita civile e decente chi mi ha preceduto e chi si trova in difficoltà. Così come mi aspetto faranno le generazioni che mi succederanno con me.

Capisco che è difficile, ma dobbiamo entrare in questa mentalità se veramente vogliamo costruire un paese civile ed offrire un futuro degno soprattutto ai nostri figli e nipoti e non solo alla nostra generazione e a quelle che ci hanno preceduto.

Ciò comporta sacrifici, per tutti. Inutile girarci intorno, tutti.

Chi guadagna di più deve contribuire di più. Chi può lavorare più a lungo deve lavorare più a lungo. Chi percepisce una pensione molto più elevata degli sforzi effettivamente fatti durante la sua vita lavorativa deve ora contribuire maggiormente cedendo alcuni dei propri “diritti acquisiti”.

E’ un patto fra le generazioni: dobbiamo farlo per i nostri figli.

Capisco che è difficile. Fino ad ora abbiamo visto individui andare in pensione a 38 anni e altri percepire 3 o 4 emolumenti cumulandoli tra loro, perché mai dovremmo farli noi i sacrifici? E’ vero, non dobbiamo farli solo noi. Ma non devono farli neanche solo loro.
Dobbiamo farli tutti, perché mentre loro si spartivano il bottino noi stavamo a guardare, quindi è anche colpa nostra.

E’ un patto fra le generazioni: io voglio farlo per mio figlio. DEVO farlo per mio figlio!