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15 Movie Poster dei Cartoni animati più belli

1.Monsters & Co.

Monsters & Co.

2. Toy Story – Il mondo dei giocattoli

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3. Il Re Leone

thelionking

4. Alla ricerca di Nemo

findingnemo

5. Aladdin

aladdin

6. Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi

incredibili

7. La Bella e la Bestia

bella

8. Alice nel Paese delle Meraviglie

alice

9. La carica dei 101

101

10. La Bella Addormentata

addormentata

11. Wall-E

wall-e

12. UP

up

13. Il Libro della Giungla

libro

14. La Spada nella Roccia

spada

15. Fantasia

fantasia

Test sulla felicità

Potendo scegliere cosa vorreste vi accadesse per vivere una vita felice?

A) Vincere 10 milioni di euro alla lotteria.
B) Subire un incidente invalidante.
 
Penso di poter prevedere la vostra risposta 🙂 e sappiate che tutti avete scelto l’opzione A perché è stata la vostra corteccia pre-frontale (una parte del cervello) a decidere per voi.
La corteccia fa un sacco di cose, ma una delle cose più importanti che fa è aiutarvi a simulare le esperienze, senza la necessità di viverle realmente.
 
In pratica avete simulato entrambe le opzioni ed avete immaginato i due possibili futuri decidendo che vincere alla lotteria sarebbe l’opzione che vi rende più felici.
 
Sappiate però che la vostra corteccia vi porterebbe a sbagliare.
Infatti uno studio di Harvard ha dimostrato che un anno dopo aver perso l’uso delle gambe e un anno dopo aver vinto la lotteria, sia i vincitori della lotteria che i paraplegici sono felici allo stesso modo della loro vita.
 
Il fenomeno si chiama “impact bias” o pregiudizio sull’impatto che è la tendenza del simulatore a funzionare male. Il simulatore può farvi credere che vari esiti saranno più diversi di quanto in realtà non siano.
Impact-Bias
 
Ciò che ci frega è che pensiamo che la felicità sia una cosa da trovare, un sogno da raggiungere. Niente di più sbagliato, e sbagliamo perché siamo portati a credere che la “felicità naturale” (quella che otteniamo quando otteniamo ciò che vogliamo) sia migliore della “felicità sintetica” (quella che creiamo quando non otteniamo ciò che vogliamo).
E una scelta della società in cui viviamo credere fortemente che la felicità sintetica sia di tipo inferiore. Perché crediamo questo? Beh, è molto semplice. Che tipo di motore economico continuerebbe a produrre se credessimo che il non ottenere ciò che vogliamo potrebbe renderci altrettanto felici dell’ottenerlo?
 
Un centro commerciale pieno di monaci Zen non sarà particolarmente profittevole, perché i simpatici amici non desiderano abbastanza cose.
 
Naturalmente un’operazione chirurgica e un viaggio ai Caraibi non sono la stessa cosa 😀 è ovvio che alcune cose sono migliori di altre, è giusto avere preferenze che ci portano verso un futuro piuttosto che verso un altro.
Ma quando queste preferenze, sogni e desideri ci spingono troppo forte e troppo velocemente perché abbiamo sovrastimato la differenza tra questi futuri, stiamo sbagliando qualcosa.
 
Quando la nostra ambizione è entro certi confini, ci porta a lavorare con gioia. Quando la nostra ambizione è sconfinata, ci porta a mentire, ingannare, rubare, ferire gli altri, a sacrificare le cose che hanno vero valore.
 
In pratica non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo dentro di noi la capacità di costruire volontariamente lo stesso prodotto che stiamo costantemente inseguendo.
Nonostante la società gli altri o i guru di turno ci dicano l’esatto opposto: inseguire dei sogni non ci renderà più felici che vivere intensamente la vita che abbiamo 🙂
 
(Liberamente tratto da “The surprising science of happiness” di Dan Gilbert, Harvard psychologist)

real people, digital inside

Non mi stancherò mai di dirlo: fra online ed offline non c’è differenza. Sono due parti della stessa cosa, due facce della stessa medaglia, inscindibili tra loro. L’una propedeutica all’altra, indissolubili.

Che cerchiamo a fare su Google “Ischia Terme” se poi non prendiamo il traghetto e ci andiamo a godere una splendida vacanza?
Perché stiamo sempre su Facebook se poi non usciamo e ci incontriamo veramente con le persone con le quali socializziamo?

Non ci può essere web senza le persone. Mi pare ovvio,nonostante la famossisima gag di Corrado Guzzanti e l’aborigeno con il quale non sapeve che ca… dirsi 🙂

Così come non ci può essere portale ecommerce senza colui che fa i pacchi e quell’altro che li spedisce. Non c’è booking online di un hotel (prima ho parlato di Ischia, ma anche di qualsiasi altra località) senza la cameriera che rifà le stanze. Non c’è portale senza chi si occupa del data-entry. Non c’è social network senza me che scrivo questa nota e tu che la leggi.

Tutto ciò determina che anche noi web agency non possiamo limitarci a realizzare siti web e piattaforme fatte bene, innovative, stabili, ma dobbiamo immedesimarci nelle persone che ci commissionano il progetto, capire la loro filosofia aziendale, percepire le reali esigenze. Non è facile, ma è l’unica strada per fare le cose fatte bene (checché ne dicano molti): il web è comunicazione, sociologia, economia, etnografia, spesso anche prima di essere informatica e cavi di rete (fondamentali, eh! ma non sufficienti).

Sono sempre le persone che determinano il successo o il fallimento di un progetto, e le persone non sono online o offline. Le persone sono persone che possono e devono essere digitali dentro, devono pensare ed agire secondo le regole del mondo attuale, sfruttare le potenzialità che abbiamo a disposizione.

Insomma, real people, digital inside!

Non solo le terme di Ischia...

Ne vale sempre la pena

Il mio amico non è ancora tornato dal campo di battaglia, Signore. Le chiedo il permesso di andarlo a cercare.
Disse un soldato al suo tenente.

Permesso negato soldato! Non voglio che lei rischi la vita per un uomo che probabilmente è già morto.

Il soldato però disubbidì al divieto ed andò a cercare l’amico. Dopo un’ora tornò ferito mortalmente, ma sulle spalle aveva il cadavere dell’amico.

L’ufficiale gli si avvicino furioso:
Le avevo detto che non c’era più niente da fare. Adesso mi dica: valeva la pena andare sul campo di battaglia per recuperare un cadavere?!?

Il soldato, moribondo, con un filo di voce rispose:
Certo, Signore, ne valeva la pena! Quando l’ho trovato era ancora vivo e ha potuto dirmi: ero sicuro che saresti venuto.

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