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Le strategie di internazionalizzazione 2.0

Di seguito un articolo molto interessante del Prof. Alfonso Pace (I.C.E. Training News).

Secondo una recente indagine ISTAT, il rapporto delle aziende italiane con Internet e le ICT in generale è caratterizzato da luci e ombre. Se da una parte, infatti, si apprende che il 95% delle imprese sopra i 10 addetti usa il PC, il 94% ha una connessione a Internet e che nella grande maggioranza dei casi (84%) si tratta di Internet “veloce” o addirittura “mobile”, dall’altra parte i fatti sono che solo il 61% ha un sito web (contro una media nella EU a 27 pari a circa il 69-70%) e una minima parte di esse utilizza il sito web stesso in modo sofisticato offrendo ai visitatori la possibilità di personalizzarne i contenuti (2,4%), di intervenire nella progettazione di prodotti e servizi (4,2%),di effettuare ordini e prenotazioni online (13,6%).

Le cose non migliorano se si considera non solo e non tanto il mondo Internet, quanto quello in forte ed esplosiva crescita del web 2.0 e dei social media. Lo IULM ha infatti recentemente pubblicato i risultati di un’altra indagine che ha coinvolto 720 aziende Italiane di diversa dimensione e appartenenti a 6 settori dalla quale emerge che solo un’azienda su 3 (32,5%) usa i media sociali per comunicare e interagire con il mercato e i clienti, e che fra queste il 58% sono grandi, il 32% medie e solo il 10% piccole. Siamo quindi di fronte a un fenomeno ormai di massa (2 miliardi di utenti su scala mondiale), caratterizzato anche da tassi di crescita elevatissimi (+25% rispetto al 2009) e valori di tutto rispetto anche in termini monetari (più di 600 miliardi di $ il valore dell’ecommerce su scala mondiale nel 2009 con un incremento atteso pari ad almeno il 60% per il 2011) che però viene ancora guardato con una certa diffidenza dalle imprese italiane.

Sempre secondo la ricerca IULM le principali motivazioni del mancato utilizzo dei sistemi web 2.0 e dei social media da parte delle aziende intervistate derivano dalla mancanza dei seguenti elementi: conoscenza delle opportunità strategiche offerte da questi strumenti (58%), capacità di utlizzarli compiutamente (46%), necessaria cultura aziendale (41%).

Pur non pretendendo di fornire risposte esaustive, vorrei soffermarmi su alcune delle opportunità strategiche offerte dagli strumenti in questione con particolare riferimento alle strategie di internazionalizzazione delle imprese.

Prima di tutto, come accennato in precedenza, i numeri. A parte i due miliardi di utenti di Internet a livello mondiale, Facebook ha ormai quasi 700 milioni di utenti (18 in Italia, con una penetrazione pari al 60% della nostra popolazione Internet) e dopo il recentissimo accordo con il principale motore di ricerca cinese viaggia spedito verso il miliardo di utenti, caratterizzati da un tasso di attività molto elevato (il 55% si connette almeno una volta al giorno e mediamente per non meno di35 minuti). Twitter, il più famoso servizio di micromessaggistica, ha 200 milioni di utenti cheproducono 65 milioni di messaggi al giorno e si avvia a diventare quello che i suoi fondatori definiscono “il polso del pianeta in tempo reale”, un immenso focus group attivo 24 ore su 24. LinkedIn, il più importante sistema di networking professionale, ha ormai raggiunto i 100 milioni diutenti (1,7 milioni in Italia). YouTube, il portale per visualizzare e condividere video, ha 490 milionidi utenti che mediamente passano oltre 5 ore al mese a vedere i suoi contenuti e caricano sul portale l’equivalente di 24 ore di video ogni 40 secondi.

Si può avere l’opinione che si vuole ma questi numeri sono dei fatti e dimostrano che il web 2.0 ha successo prima di tutto perché la gente vi si riconosce. Inoltre tutti questi strumenti sono costruiti in modo tale che gli utenti possano creare, condividere, commentare contenuti intorno a elementi diinteresse come video, presentazioni, documenti, fotografie, libri, sport, musica, …, e interagire conaltri individui con gli stessi interessi creando naturalmente delle comunità molto focalizzate. Proprio il fattore “comunità” è l’elemento chiave che fa assomigliare il web alla metafora del mercato rionale su scala planetaria.

Dovrebbe essere chiaro anche solo in modo intuitivo, che la presenza web di un’azienda non può risolversi oggi solo nel sito. I social media e gli strumenti web 2.0 offrono delle opportunità formidabili. Anche con riferimento alle strategie di internazionalizzazione.

Da quanto detto discende un secondo elemento di interesse strategico:

la possibilità di creare relazioni con individui e aziende che altrimenti sarebbero difficilmente raggiungibili.

Per definizione, i social media e i servizi web 2.0 sono trasversali rispetto ai confini nazionali. Inoltre, è sempre piùprobabile che se non le aziende, le persone che ci lavorano siano utenti di questi strumenti. Entrare in questa “conversazione globale” e avere ad esempio una presenza su Facebook o un canale su YouTube consente, a costi ragionevoli, una visibilità potenzialmente molto elevata per i marchi e i prodotti dell’azienda e soprattutto la possibilità di interagire con le persone che fisicamente compongono i mercati obiettivo per avere feedback o acquisire informazioni “di primamano” altrimenti difficili (o molto costose) da ottenere.

Altro elemento molto importante è la possibilità di aumentare sensibilmente il traffico verso il sito web aziendale rispetto al quale, quindi, gli strumenti web 2.0 sono complementari, non sostitutivi. Se è vero che il web è composto da circa un trilione di pagine, la speranza di essere trovati da un utente anche potenzialmente interessato ai prodotti e servizi dell’azienda, è praticamente pari a zero in assenza di un brand molto noto. I social media e il web 2.0 contribuiscono ad aumentare la visibilità dell’azienda e a creare un flusso di traffico aggiuntivo verso le pagine del suo sito con lapossibilità, ovviamente, di misurare l’efficacia dei vari servizi sia in termini qualitativi (quante visitevengono da YouTube) che in termini qualitativi (quali sono i contenuti preferiti, da dove vengono levisite, ecc. ecc.). Il tutto a costi oggettivamente molto limitati e quindi accessibili anche ad aziende meno grandi e ricche.

I servizi web 2.0 e i social media possono essere utilizzati anche per monitorare le tendenze dei settori di interesse e il comportamento dei concorrenti. L’approccio può essere infatti non attivo, nel senso che l’azienda può scegliere di non interagire ma semplicemente di monitorare ciò che accade sui media sociali e ottenere ugualmente dei benefici ad esempio monitorando i trend delle ricerche su determinate parole chiave nelle varie zone del mondo (un servizio offerto gratuitamente da google), misurando la reputazione propria o dei propri prodotti mediante l’analisi dei contesti in cui avvengono le discussioni tra utenti (forum e gruppi di discussione), tenendosi“aggiornati” su cosa fanno i concorrenti (seguendo i loro punti di presenza sui social media o creando dei sistemi di notifica intelligente come i “google alerts”) o comunque acquisendo informazioni su specifiche aree geografiche (attraverso servizi come quelli offerti dall’ICE o daGlobal Edge, il portale di International Business della Michigan State University), potenziali clienti e/o business partner.

Infine, la possibilità di aumentare sensibilmente il grado di efficienza dell’organizzazione. Alcuni strumenti ormai sono di uso quotidiano per cercare o verificare informazioni (es. Wikipedia), per comunicare (es. Skype, Google Talk, …) o per creare, condividere e modificare collaborativamentedocumenti, presentazioni e fogli elettronici in tempo reale, senza doversi scambiare messaggi diposta elettronica con allegati spesso voluminosi e comunque scomodi da gestire. Queste caratteristiche sono importantissime quando l’azienda ha delle sedi distaccate o dei businesspartner in vari paesi esteri.

Ovviamente, tutte le scelte devono essere ponderate attentamente con riferimento alle risorsedisponibili per l’azienda dato che se è vero che i costi della tecnologia oggi sono trascurabili quando non addirittura uguali a zero, l’impatto di queste tecnologie sia sulle modalità di interazionecon il mercato che sulla struttura organizzativa può essere forte e mettere in discussioneprocedure e modalità di lavoro ormai consolidate.

È evidente tuttavia, che pur privilegiando un atteggiamento prudente, i social media e i servizi web 2.0 possono rappresentare un’arma importante per migliorare il successo delle aziende, anche piccole, sui mercati internazionali.

Le definizioni dell’Internet Marketing

Web Marketing: è la branca della attività di marketing che sfrutta il canale online per offrire e comunicare valore (definizione dettaglia del web marketing).

SEM (Search Engine Marketing): è uno strumento dell’Internet Marketing e comprende tutte le attività atte a generare traffico qualificato verso un determinato sito Web tramite i motori di ricerca; comprende le attività SEO, SEA, Link Building e SRM (Search Results Monitoring).

SEO (Search Engine Optimization): è il processo grazie al quale è possibile aumentare il volume e la qualità del traffico sul proprio sito Web dai motori di ricerca attraverso i risultati ricercati (organici), attraverso l’ottimizzazione sia del codice sorgente della pagina, sia dei contenuti.

SEA (Search Engine Advertising): l’attività di gestione di campagne di link a pagamento su siti e portali che maggiormente consentono di raggiungere il target d’impresa.

C’è grossa crisi

Volevo dire al mondo e a tutti gli amici di Intennett che in questo momento c’è una grande crisi, c’è grossa grisi, c’è molta violenza, c’è molto egoismo… qua la gente non sa più… quando stiamo andando su questa tera, qua la gente non sa più… quando stiamo facento su questa tera!

C’è grossa crisi…

… se dopo 50 anni la Salerno-Reggio Calabria ancora non è finita ma è a pedaggio

… se Napoli è ancora una volta sommersa dai rifiuti e nessuno ci fa più caso, soprattutto i napoletani

… se la gente pensa che fumare in metropolitana sotto il cartello “vietato fumare” sia giusto perché i treni fanno sempre ritardo

… se al parlamento italiano viene invitato e accolto con tutti gli onori istituzionali il comitato contro l’abbattimento delle case abusive

… se l’associazione ex detenuti organizzati fanno una manifestazione per chiedere più sicurezza (giuro l’ho vista con i miei occhi)

C’è grossa crisi se perdiamo la speranza, se perdiamo la voglia di migliorare il mondo e darlo più bello, più sereno, più profumato ai nostri figli.

C’è grossa crisi perché non ci crediamo più. Oppure ci crediamo ma non abbiamo più la forza e la voglia di combattere. C’è grossa crisi perché siamo stanchi, tristi e scoraggiati.

C’è grossa crisi, eppure qualcosa dentro di me, dopotutto, mi dice che ce la faremo 🙂

Lettera di un giovane cittadino napoletano

Ho vent’anni. Come tutti i giovani della mia età, sono un concentrato ribollente di dubbi, diluito solo da poche, ma ferree certezze, come l’affetto per mammà e l’ottimismo inguaribile di chi crede che il futuro debba per forza essere roseo, e non c’è logica che tenga a freno questa convinzione.

Speranzoso di poter scuotere di dosso qualche punto interrogativo, ho partecipato alla riunione “a porte chiuse” convocate dal Cittadino Enzo Rivellini, per uscirne, poi, affannato dal pesante carico di perplessità.

Ritorno alla fiamma, calcoli ragioneristici su quale alleanza offrisse più consiglieri comunali, anticomunismo in salsa berlusconiana e promesse di grandi imprese hanno animato quella che doveva essere una serata decisiva per le sorti della politica nazionale, ma che, invece, accompagnata da proclami ambigui, è terminata con la bacchettata al Cittadino Fini per aver irrimediabilmente spostato il partito  a sinistra.

Forse il mio stupore è insito nel fatto che abbia avversato i comunisti nei primi anni del liceo, fino a che non abbiamo tutti compreso, mettendo un po’ di giudizio, che non esista alcuna diversità insuperabile tra chi frequenta questo mondo.

Non è colpa della mia generazione se siamo allergici alle vostre ideologie.

Noi aderimmo all’umanità nel 1990, quando la nipote del Duce aggiungeva un altro film alla sua carriera, i tedeschi di Berlino Est festeggiavano in strada la vittoria della Germania Ovest, a Palermo comminavano 258 condanne per Mafia e Nelson Mandela veniva eletto Presidente del Sud Africa: quell’umanità ci accolse festosa per aver scardinato vecchi e dannosi equilibri e archiviato il XX secolo.

orafuturoNon vi stupite, quindi, se la mia adesione ad un candidato, ad un partito, ad un consigliere, non sia condizionata dal numero di poltrone che quella o quell’altra sigla possa offrire, nè subordinata ad una fiamma o ad una falce, ma spinta dalla speranza di eleggere un cittadino che mi garantisca un servizio pubblico efficiente per raggiungere la mia università e i miei amici, che mi assicuri massima tutela quando passeggio di notte con una ragazza, che lasci la possibilità a mia nipote di giocare sulle giostrine e a mio nonno di muoversi con la sedia a rotelle in massima semplicità.

Ma una città vivibile è un risultato che solo i cittadini perbene possono conseguire.

E non si possono suddividere i cittadini per bene in tante sigle, ma occorre creare le condizioni affinché loro si ritrovino comodamente a collaborare.

Io con queste speranze ho aderito a Futuro e Libertà, in quanto ho visto in Fini colui che avrebbe potuto trascinare via le persone perbene di destra dal pantano dell’anticomunismo ossessivo e dal berlusconismo becero,  e confrontarsi e discutere con quelle persone di sinistra perbene, riunite tutte insieme sotto il tricolore. Questo magnifico fine non può soffrire mezzucci ed escamotage. Non si può affidare questo sogno agli affaristi. Non si può credere che la qualità del progetto sia misurata dai voti. I voti della criminalità o dei soliti politicanti non devono trovare spazio in una comunità che ha per unico fine il bene dell’Italia. La collaborazione di Cosentino, di Martusciello, di Cesaro, non può solleticare chi è convinto che l’integrità sia il cardine fondante della politica.

Io non ho compreso Enzo Rivellini. Se il suo sconforto, come riferito dai suoi collaboratori, consistesse nell’ingresso di Diodato, avrebbe dovuto dimostrarci l’incompatibilità di Diodato con questo sogno e avrebbe dovuto mostrarci una grande grinta e coraggio, magari correndo da solo, con una proprio lista, a sindaco di Napoli. Io l’avrei sostenuto, convinto che  una persona perbene meriti la stima e l’appoggio di altre persone per bene, e avrei ritenuto la sua candidatura l’unica soluzione necessaria per sottrarre Fli in Campania alla malavita.Quella che ho visto ieri, purtroppo, si è rivelata la più grande delusione che un giovane di vent’anni avrebbe mai potuto ricevere.

Danilo De Luca
Presidente Associazione Ora Futuro

La battaglia di Web Marketing Elettorale a Napoli

A Napoli la battaglia elettorale incombe e lentamente sta diventando incandescente.
Tralasciando per il momento il mio pessimismo cosmico (che vorrebbe urlare che: “tanto non cambierà niente chiunque vinca“) voglio sottoporre all’attento elettore un altro punto di vista per giudicare i candidati partenopei a sindaco: il loro Sito Web.

Gianni Lettieri (sito Web): semplice sito su piattaforma WordPress, leggibile, chiaro, ma non infiamma, non cattura l’attenzione, insomma senza infamia e senza lode. Il logo e di conseguenza tutto l’header sono proprio la parte più brutta, sterile, morta, non trasmettono la giusta energia, che invece la frase “Far vincere Napoli” dovrebbe trasmettere. Molto positivo invece è lasciare i commenti agli articoli aperti (sperando che la moderazione non diventi censura). Voto 6

Luigi de Magistris (sito Web): obiettivamente bruttarello, sembra il portale di una scuola elementare fatto dall’applicato di segreteria di 65 anni, stanco e annoiato, che per l’occasione ha frequentato un corso Microsoft. Per la legge degli opposti, l’unica cosa che si salva è la testata (non le foto sgranate che ruotano, solo la parte superiore): una scritta grande, chiara, che rimane impressa, con una foto ben riuscita. Voto 5

Raffaele Di Monda (sito Web): anche lui ci propone un WordPress e purtroppo fallisce. Brutto l’header, con una foto con la testa tagliata e uno slogan con la parola normalità con l’accento sbagliato (l’accento è grave non acuto, insomma lo schizzo va verso sinistra non destra.. vabbè ma questo è italiano non web marketing). Si passa poi al corpo del sito con lo spazio per le news stretto e lungo (da rendere le news illeggibili), barra laterale inspiegabilmente sproporzionata rispetto al resto. Voto 3

Mario Morcone (sito Web): bando all’originalità anche qui troviamo un WordPress con una foto in primo piano con la testa del protagonista tagliata, inspiegabile, bah. Purtroppo devo dire che anche questo sito è insufficiente, sembra fatto velocemente, senza un’idea di fondo. Mettiamo un widget qua, una foto di là. Usiamo questo carattere, tanto è lo stesso, bah. L’unica originalità è il cambio di colore dello sfondo ogni volta che si entra sul sito, che però, purtroppo, non cambia e rimane sempre lo stesso. Voto 5

Raimondo Pasquino (sito Web): paradossalmente il migliore, perché NON ha alcun sito Web. C’è una semplice immagine con lo slogan e gli indirizzi email. Se non si ha la voglia, il tempo o le capacità per sviluppare un sito Web allora è meglio mettere una semplice immagine e via. Voto 7

Conclusione: se dovessimo scegliere il miglior candidato dal sito Web ci troveremmo davanti ad una scelta difficilissima. Meno male che la scelta ricadrà invece su altri parametri quali il curriculum, il passato, la professionalità e le competenze. Insomma siamo in ottime mani!