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Le digital soft skills per cercare lavoro

Digital soft skills: un tema ancora poco dibattutto. In Italia infatti ci sono circa 16 milioni di persone in età lavorativa senza occupazione. Tranquilli, la gran parte di queste non cerca e non vuole lavorare. La restante parte invece deve farci preoccupare un po’ di più, perché si tratta di circa 5 milioni di persone che possiamo suddividere in 3 gruppi:

  • esperti, che già hanno lavorato in precedenza
  • inesperti, che non hanno mai lavorato
  • scoraggiati, vorrebbero ma non cercano neanche più

Dall’altra parte ci sono le aziende che avrebbero bisogno di assumere – si parla di una richiesta di oltre 2 milioni di posti di lavoro – ma non trovano le giuste competenze sul mercato del lavoro.

Perché c’è questo mismatch tra domanda e offerta, che rallenta la ripresa economica italiana?
I motivi sono tanti e ognuno probabilmente “legge” il fenomeno in base al proprio punto di vista: imprenditore, professionista, dipendente, studente, disoccupato.

Ma la domanda fondamentale è un’altra:
è possibile nel breve periodo far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro?

Su questo sono abbastanza netto: NO! Nell’immediato non è possibile.

Ma non dobbiamo arrenderci. Oggi infatti possiamo creare le condizioni affinché in 3/5 anni questo dislivello possa essere attenuato, in modo tale che il sistema-paese possa affrontare con vigore la transizione ambientale e digitale in corso.
Nel concreto:

  1. lavorando sulle digital soft skills e le competenze trasversali: i ragazzi/studenti devono sapere che ogni 5 anni cambieranno lavoro e dovranno imparare, anche ex novo, continuamente nuove cose
  2. rendendo più flessibile l’entrata e l’uscita dal mondo del lavoro: no, non è precariato e sarebbe una misura che andrebbe a favore dei lavoratori
  3. detassando il lavoro “utile e sostenibile” (non è possibile che un’azienda che impatta 0 sull’ambiente investendo nella ricerca, paghi le stesse tasse di un’industria che fonde a carbone)

Digital soft skills

Innovazione di Prodotto e Innovazione di Processo

Joseph Schumpeter nella suo famoso lavoro “The theory of economic development ci offre una attenta disamina sulle innovazioni di prodotto e le innovazioni di processo, illustrandoci le principali differenze che intercorrono fra questi due concetti:

  1. Innovazione di prodotto: the introduction of a new good – that is, one with which consumers are not yet familiar – or a new quality of a good;
  2. Innovazione di processo: the introduction of a new method of production, that is, one not yet tested by experience in the branch of manifacture concerned…(or) a new way of handling a commodity commercially.

Proviamo a vedere insieme di cosa si tratta nello specifico.
L’innovazione di prodotto per Schumpeter è l’introduzione di un nuovo bene o un nuovo servizio sul mercato, condizione fondamentale per sopravvivere all’iper concorrenzialità dei sistemi moderni, altamente competitivi e pieni zeppi di prodotti poco differenziati fra loro.

L’innovazione di processo invece consiste nell’introduzione di un nuovi metodi di produzione o di distribuzione di beni e prodotti già presenti sul mercato; richiede quindi importanti cambiamenti strutturali, i quali però nel lungo periodo consentono una crescita dei livelli d’efficienza nella catena del valore di un prodotto o di un servizio.


Spesso mi trovo a riflettre su come questi semplici concetti abbiano notevoli difficoltà ad essere accettati dalle persone e tramutati poi in azioni concrete, soprattutto dalle aziende con una lunga storia alle spalle, quelle che ci sono sempre state e che pensano di esserci per sempre, quasi come se il mondo non potesse fare a meno di loro.

Non basta mettere un “Dal 1936” per fare di un’azienda un soggetto produttivo, efficiente, competitivo, flessibile e capace di vincere la sfida del futuro. L’esperienza e la storicità sono certamente molto importanti, ma altrettanto certo è che questo non è un mondo per vecchi.

Le imprese moderne non sono un sistema chiuso, ma devono
imparare a controllare attentamente le reciproche iniziative e a cercare nuove idee, nuovi input e fonti di ispirazione. Più le imprese riescono ad apprendere interagendo con fonti esterne, maggiore sarà la pressione sulle altre imprese a seguirne l’esempio. Questo approccio accresce l’innovatività delle singole imprese, che quella dei sistemi economici, regionali e nazionali, cui queste appartengono.

Questo approccio è cruciale per le piccole imprese che devono compensare la scarsità delle risorse interne interagendo con il mondo esterno.

Van de Ven (1999) affermava che “malgrado ciò che se ne dica, il viaggio verso l’innovazione è un’impresa collettiva che richiede lo sforzo di molti imprenditori, sia nel pubblico che nel privato”. Nello stesso studio, per definire questa “impresa collettiva” si utilizza il termine “sistema sociale per lo sviluppo dell’innovazione”.

 

Ora tutti possono volare

Tan Sri Tony Fernandes nasce a Kuala Lumpur nel 1964 da padre indiano e madre malese. Frequenta la scuola in Inghilterra e si laurea presso la London School of Economics (LSE) nel 1987. Dopo aver lavorato con Richard Branson alla Virgin Records come supervisore finanziario, nel 1992 è nominato vicepresidente per il Sud-Est asiatico presso il Warner Music Group.
Nel 2001, lascia l’azienda per mettersi in proprio e ipoteca la casa per avere le risorse finanziarie per acquistare una compagnia area in difficoltà, la AirAsia.

La sua strategia dei bassi costi si rispecchia nello slogan “Ora tutti possono volare“.

Un anno dopo, la compagnia estingue i debiti pari a 11 milioni di dollari, chiudendo in pareggio.

Secondo Fernandes, circa il 50% dei suoi passeggeri vola per la prima volta. La compagnia è oggi generalmente considerata la migliore low cost del mondo. Nel 2007 fonda la catena alberghiera a basso costo Tune Hotels, promettendo “letti a cinque stelle al prezzo di una stella”. Fernandes consiglia ai potenziali imprenditori di “Sogna l’impossibile. E non fermarti mai davanti a un no“.

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Promemoria per chi vuole cambiare (veramente)

Le organizzazioni quando decidono di intraprendere un percorso di trasformazione non possono permettersi di fare affidamento solo sulle “innovazioni tecnologiche“, perché l’innovazione è il risultato di qualcosa di più profondo e strutturato.

Linnovazione è il risultato di una mentalità aperta capace di cogliere le novità, di comportamenti coerenti, di leadership e cultura d’impresa.info

Il percorso innovativo segue strade precise che vanno:

  • dal profitto allo scopo
  • da una struttura gerarchica ad un network
  • dal controllo alla collaborazione
  • dalla pianificazione alla sperimentazione
  • dalla chiusura alla trasparenza

La Reputazione Digitale come Valore aggiunto

Quando dovete scegliere una struttura alberghiera per passare un fine settimana in famiglia vi affidate a ciò che gli hotel scrivono sui loro siti web oppure date grande importanza a ciò che i vostri amici, conoscenti o anche semplici sconosciuti vi raccontano della loro esperienza?
E se dovete scegliere tra due modelli simili di smartphone?

Nella società della socialità e della condivisione siamo oramai abituati a non fermarci a ciò che i brand ci raccontano di loro (identità), ma cerchiamo recensioni, esperienze, racconti di chi è già entrato in contatto con quel determinato brand (reputazione) per farci un’idea più precisa di ciò che stiamo cercando o che siamo in procinto di scegliere.
Sia ben chiaro però che i due comportamenti non sono alternativi tra loro, piuttosto l’uno è propedeutico all’altro.

Per tornare all’esempio degli smartphone, l’utente prima analizza “l’identità” dei singoli prodotti (caratteristiche tecniche e prezzo) e poi si rivolge alla propria community di riferimento per avere informazioni più soggettive (lo schermo non è adatto a dita grosse) che costituiscono la “reputazione”, positiva o negativa del prodotto o servizio in questione.

Se si è d’accordo con ciò che sopra è stato evidenziato, non si può non constatare come la reputazione digitale diventi in questo modo un valore aggiunto, se coltivata e gestita con attenzione e cura, seguendo alcune regole di buon senso basate sulla gentilezza, educazione, coerenza, la trasparenza e (last but noe least) il rispetto dell’utente/consumatore.

Rispondere alle email con celerità, permettere i commenti sui canali social, accettare il contraddittorio e le recensioni negative, ovvero reagire alle sollecitazioni degli utenti utilizzando le regolette citate poco sopra garantisce con buona probabilità la costruizione di una buona reputazione digitale.

Articolo pubblicato sulla rivista “For Leader – Il Magazine dei Leader di Successo“.
È possibile scaricare il magazine numero 10 direttamente dal sito www.forleader.it al prezzo di un sorriso 🙂 e di una semplice condivisione, sempre se ne avete voglia 😉
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